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Il Trentino è terra di cori. La nostra gente, considerata spesso chiusa e taciturna, ha sempre avuto, soprattutto nel passato, quando c'era meno «omologazione», un modo tutto suo per esprimere se stessa: quello di cantare. Anche la scelta spontanea di farlo, non tanto individualmente, ma coralmente, rispecchia l'anima della terra trentina, una terra che ben conosce, perché indispensabile alla sua sopravvivenza, il valore della coesione, dell'aiuto reciproco, della solidarietà. Le nostre canzoni cantano la sacralità delle montagne, esprimono -spesso più con le modulazioni di voce che con le parole- quel groppo alla gola che ti coglie dinanzi ad una cima innevata o ad un castello baciato dalla luna che si rispecchia in un lago, quel senso di mistero che si sprigiona dalla Natura e ti conduce ad un Mistero più grande; cantano la nostra storia, la guerra che preme ai confini, l'addio ai propri cari, la nostalgia, la morte in terra lontana, la povertà, l'emigrazione; ma cantano anche le grandi, semplici gioie di uno sguardo ricambiato, di uno scherzo andato a segno, di un bimbo che sogna nella sua culla.
Il coro «Castel Penede», nacque a Nago il 27 marzo 1976 grazie all'impegno di un gruppo di elementi che già componevano quello parrocchiale; anima, fin dall'inizio, ne fu Roberto Giuliani, l'instancabile ed entusiasta suo primo direttore, al quale si devono anche moltissime armonizzazioni dei brani in repertorio.
Bello il suo nome, preso dal castello che, ad onta delle ingiurie subite per opera degli uomini e del tempo, domina ancora con le sue rovine l'ampia valle del Sarca e, come sentinella, veglia alto sul lago.
Testimone della nascita di questo coro fu l'allora sindaco Ottorino Rigotti, prima sede i locali generosamente messi a disposizione dall'arciprete d'allora, don Silvio Lorenzi, sensibile al linguaggio della musica.
Solo pochi giorni dopo che ne furono gettate le basi, ebbe luogo la prima prova ufficiale che vide impegnati ventitre elementi «molto volonterosi ed appassionati», come scrisse chi, in quell'occasione, redasse il verbale. Ma, in verità, già durante l'inverno precedente, accanto al repertorio di musica sacra, erano stati introdotti canti popolari.
L'11 febbraio 1977, ottenuta l'iscrizione alla «Federazione dei Cori», quello di Nago si diede il proprio statuto ed elesse il direttivo nelle persone di Francesco Stefenelli e Bruno Brighenti, rispettivamente presidente e vicepresidente, Pierino Giuliani in qualità di cassiere, Vasco Montagni, Giuseppe Girardi e Fabio Mazzoldi.
Dalla prima trasferta a Postumia nell'aprile del 1977, molto cammino è stato compiuto e, nonostante qualche difficoltà subentrata durante il percorso (nel 1979 si temette addirittura di dover sciogliere il coro per poca partecipazione dei componenti alle prove, ma l'immissione di nuove linfe sanò la situazione) si è trattato di un cammino esclusivamente in ascesa.
Innumerevoli sono state le sue esibizioni sia in ambito locale, sia nazionale, che internazionale, numerosi i gemellaggi con altri cori italiani ed esteri, come, ad esempio, con quello tedesco di Langquaid.
I coristi di Nago, ai quali nel dicembre del 1977 già si erano aggiunte una quarantina di voci femminili che avevano debuttato durante la Messa di Natale interpretando l'impegnativa Missa II Pontificalis di Lorenzo Perosi, hanno accompagnato non solo tutti i momenti significativi della vita della comunità naghese e di quelle limitrofe, dando il proprio contributo nel corso di ricorrenze, celebrazioni e feste, o tentando di alleviare il dolore e la solitudine negli ospedali o nelle case di riposo, ma hanno portato il saluto della terra gardesana e trentina in molte città e regioni italiane e in numerosi stati europei. Attualmente il coro, mediante un gruppo di suoi componenti, svolge anche attività didattica nelle scuole nell'ambito di un programma della SAT di Riva, finalizzato a sensibilizzare le nuove generazioni all'amore e alla conoscenza del nostro territorio.
Tra le trasferte più significative dell'attività del coro -che dal 1980, anno in cui fu anche contraddistinto da una divisa, è divenuta sempre più intensa- si ricordano quelle aventi come destinazione l'Olanda, la Germania (in questa terra esso è assai noto), l'Austria, la Repubblica Ceca, la Iugoslavia, l'Ungheria.
Nel 1986 gli fu persino dedicato spazio da Radio Mosca che, con un servizio andato in onda il 17 maggio e trasmesso in 76 lingue, diffuse i canti della terra trentina in tutto il mondo.
Tanti i bei ricordi, tanti i vincoli di amicizia, testimoniati da una ricca documentazione fotografica che non vuole esser solo una prova dei successi ottenuti, ma che comunica sentimenti, impressioni, e, soprattutto, convinzione e orgoglio dei suoi componenti per la scelta compiuta e portata avanti ogni giorno. Tramite il ricco repertorio di musica sacra - un mezzo questo per far sentire il coro parte integrante e significativa nella comunità naghese - e di musica tradizionale recuperata dal patrimonio popolare trentino in primo luogo, ma anche da quello delle altre regioni dell'arco alpino, il «Castel Penede» si è fatto ambasciatore di fratellanza, essendosi prefisso pure il fine di promuovere «contatti autentici e di base tra i popoli», come tenne a ribadire il presidente Pierino Giuliani nel suo discorso a Noordwijkerhout, la città dei tulipani nei pressi di Amsterdam, dove gli fu dato il privilegio di sfilare nel Blumencorso.
Molteplici gli articoli di giornale italiani ed esteri che testimoniano l'entusiasmo da esso suscitato, portando nelle sue tournée estive, in primo luogo nel Nord Europa, le nostre canzoni, quale la suggestiva e celeberrima Montanara - «Chi vede un coro italiano ha subito negli orecchi la Montanara», annotava un giornale tedesco nel novembre 1988, commentando un'esibizione a Wetter-Volmarstein - o brani d'opera come il coro del Nabucco di Verdi, o l'Inno al Trentino, o, le più recenti ma non meno struggenti, Signore delle Cime e La Madonina.
Le immagini e le lettere parlano di contatti e scambi non solo culturali, ma soprattutto umani, di accoglienza reciproca, di ospitalità, di comprensione, e ci fanno intuire che lo spirito che anima questo coro, va oltre agli scopi per cui è nato, ma è teso a far sì che, tramite la musica, si possano creare condizioni di aggregazione tali da consentire a culture diverse di trovare nel canto e nel sentimento momenti di unione e di fratellanza.
Vari i momenti indimenticabili, ma quello che li supera tutti e detiene il primato nella memoria e nel cuore, rimane l'incontro nel 1991 con Giovanni Paolo II quando, in sala Nervi, si innalzò l'Inno al Trentino. L'udienza, preparata con meticolosa cura dal maestro Roberto Giuliani il quale, il mercoledì precedente, aveva diretto, sempre dinanzi al Santo Padre, la «Fanfara Alpina della Valle dei Laghi» suonando la Montanara, fu, e rimane, l'«evento» in assoluto, quello che ripagò ampiamente di tanti anni di impegni e fatiche. Al coro venne assegnato un posto riservato e alla fine fu l'unico, tra tutti i presenti, ad essere invitato sul palco del papa.
La medesima mattina, poco prima di quel memorabile incontro, nella chiesa di Santa Martina nel Foro romano le stesse voci, accompagnate dall'organo di Giorgio Dal Rì, si erano innalzate per intonare la Messa Te Deum di Lorenzo Perosi. L'esibizione, registrata da Rai Tre e diffusa sulla rete Lazio, fu ritenuta meritevole di essere inserita in uno spot pubblicitario per l'aiuto ai paesi poveri.
Attualmente il coro «Castel Penede», che dispone di una sede ristrutturata dai coristi stessi con l'aiuto del Comune e inaugurata nel giugno del 2003, non è più solo composto da elementi di Nago, bensì ha assunto una fisionomia interregionale; dal novembre 2005 esso comprende anche una sezione di voci bianche, formata inizialmente da venti alunni provenienti dalla scuola elementare di Nago e diretta da Claudia Rizzo. Negli anni il guppo ha lavorato sotto la direzione della Maestra MariaPia Molinare ed oggi, comprende più di 40 elementi divisi in propedeutico, voci-bianche e giovanile e lavora sotto la direzione dei Maestri Veronica Pederzolli e Federico Mozzi.
Suo maestro è stato per molti anni Carlo Giuliani, subentrato nel giugno del 1996 al padre Roberto, che ne fu fondatore e direttore entusiasta per oltre vent'anni, il quale ne è divenuto meritatamente il presidente.
Purtroppo alla fine del marzo 2001 è scomparsa una persona che in esso ha assunto, fin dal primo momento, un ruolo fondamentale, e cioè Pierino Giuliani, suo fondatore col fratello Roberto e promotore instancabile, personaggio di primo piano nella vita di Nago per spirito di iniziativa, sensibilità umana, convinzione della necessità di tramandare i valori della nostra cultura e della nostra storia.
Grazie all'impegno, all'abnegazione e alla passione dei suoi componenti, il coro «Castel Penede» ricopre oggi un posto di un certo rilievo tra le numerose formazioni corali della nostra regione e non solo rappresenta degnamente il Comprensorio Alto Garda a Ledro, ma, facendo conoscere il nome di Nago e Torbole in molti centri italiani ed europei ed esportando le loro vedute mediante posters ed immagini, ha contribuito, e continua a contribuire non poco, alla loro promozione turistica.
Dal marzo 2015 la direzione del coro è stata assunta da Luca Giuliani, fratello di Carlo.
[ Testo: prof. Maria Luisa Crosina ]
La sezione Voci Bianche negli anni è cresciuta ed oggi è formata dal Coro Voci Bianche e dal Coro Giovanile. Sono cambiati anche i maestri ed oggi le sezioni sono dirette da Clara Lanzinger che sta lavorando intensamente per infondere quella passione che ha da sempre caratterizzato tutto il coro. Il gruppo «propedeutico» cessa la sua attività dall'anno scolastico 2017-18.
Castel Penede, il nome della rocca da cui il nostro coro ha tratto il nome, corona ancora, seppur in rovina, la sommità dell'alta rupe che, ergendosi a guisa di prora al di sopra di Torbole, domina il lago di Garda. Sicuramente sorto su un sito già antropizzato fin dalle ere più antiche, il castello, per la sua posizione strategica, venne coinvolto non solo nelle varie vicende storiche che interessarono il territorio, ma ne fu spesso protagonista in primo piano. Fortilizio vescovile, feudo dei nobili di Seiano, rivendicato dai d'Arco e divenuto loro feudo, quindi bene dei Castelbarco, fu più volte conteso e occupato dalle signorie che man mano si succedettero nel Basso Sarca, gli Scaligeri, i Visconti, la Serenissima Repubblica di Venezia. Riconsegnato dopo la caduta di quest'ultima avvenuta nel 1509 ai conti d'Arco, venne saccheggiato e irreparabilmente distrutto nel 1703 dal generale francese Vendôme, al tempo della Guerra di Successione Spagnola. Successivamente gli austriaci fortificarono il luogo su cui sorgeva e lo munirono di artiglierie, essendo esso strettamente collegato ai forti di Nago.
Una tradizione vorrebbe che il castello abbia ospitato Dante Alighieri, allorché il poeta visitò i Castelbarco quando ne erano proprietari; sarebbe stata proprio la vista che gli si sarebbe offerta dalla sommità della sua rupe ad ispirargli i versi famosi:
«Suso in Italia bella giace un laco / appié dell'Alpe che serra la Magna / sovra Tiralli c'ha nome Benàco».
Ai piedi delle rocce su cui s'innalzano le rovine di Castel Penede, ripida scende da Nago a Torbole la millenaria strada di Santa Lucia. Fu attraverso di essa che nel 1439 transitarono le venticinque barche e le sei galee veneziane le quali, risalite le acque dell'Adige e superati il lago di Loppio e passo San Giovanni, si apprestavano a scendere al Garda per venire a contesa con la flotta di Filippo Maria Visconti. L'impresa, probabilmente unica nella storia, di far varcare ad una flotta le montagne, venne così descritta da Pier Candido Decembrio da Vigevano che cita anche il castello di Penetra, cioè di Penede: «Nella bocca maggiore del Lago di Benaco o di Garda, dov'entra il fiume Sarca, da man sinistra evvi una villa piccoletta, la quale gli abitatori appellano le Torbole. Nel monte più alto v'è un castello detto Penetra. Avendo i veneziani preso questo luogo, e avendo fatto tirare su per l'Adige venticinque Galee e barche a Verona fecero tirare ai buoi queste Galee e barche per sessanta mila passi per su questo monte, e mandaronle giù nel Lago con tanto peso, che gli olivari vecchi, ai quali raccomandavano le corde colle quali queste Galee erano legate, si spezzavano in pezzi, quando lasciavano calare giù giù pel monte esse Galee».
Nell'Ottocento, quando numerosi stranieri d'Oltralpe fecero dell'Alto Garda la loro meta per trascorrervi periodi di riposo, la salita ai ruderi del castello fu inclusa tra le passeggiate consigliate dalle varie Guide, come, ad esempio, quella del dottor Kuntze «Arco und seine Umgebung» cioè «Arco e il suo circondario». Il medico sassone nel 1898 scriveva così: «Una volta che si è a Nago, non si tralasci di salire ai ruderi di Castel Penede. Dalla spianata dell'antico castello il panorama sulla valle di Arco, sul lago di Loppio, sul lago di Garda e sui monti che lo delimitano, è, se possibile, ancora più maestoso di quello che ci si presenta dalla strada».
Un consiglio che invitiamo a seguire anche oggi.
[ Testo: prof. Maria Luisa Crosina ]
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